giovedì 3 gennaio 2008

Un pensiero agli "eroi"

Abbiamo già ricominciato a contare; non c'era dubbio che non ci saremo fermati a lungo. Contare non stanca; è che non serve a nulla. Giuseppe Demasi aveva 26 anni; declinare il verbo al passato è la vera tragedia. Serve a poco (ma lo facciamo, eccome se lo facciamo) raccogliere fondi per la famiglie; fa provare vergogna guardare le facce quasi orgogliose di donne poco più che adolescenti che parlano dei loro uomini che non ci sono più. In una intervista, una di loro ha detto di avere raccontato ai propri figli che il loro babbo era morto da eroe. Ha detto la verità, solo la verità. Questo è eroismo. Questo paese ha dato una medaglia al valore ad un "contractors" morto in Iraq (quali i valori in quel gesto, quale onore in quel mestiere? solo pietà per la condizione umana, profonda pietà per il gesto di morte e per quel corpo) e nessuno si interroga sul valore civile di non rientrare più a casa, a 26 anni, per 1.300 euro al mese, perchè muori bruciato, in uno dei modi più dolorosi ed atroci. Dai, basta con le petizioni, le raccolte di firme e gli appelli; facciamola finita con le catene di S.Antonio elettroniche.
Facciamo che sarebbe necessario solo il rispetto per questa gente, onesta, vera, profonda; per i loro valori, per le loro facce belle, per i loro sorrisi.
Facciamo che si dovrebbe iniziare a capire che non è sempre tutto uguale, che uno Stato vero i suoi figli li riconosce e li difende anche quando non escono dal confini, ma continuano a lavorarci tutti i giorni, in modi e luoghi di cui la maggior parte di noi ignora l'esistenza.
Facciamo che provare vergogna una volta sola non basta più; che non ci possono più raccontare che è scontato mettere "in conto" il morto tutte le volte che si apre un cantiere.
E facciamo che non tutte le morti sono uguali; almeno questo glielo dobbiamo a 7 uomini morti bruciati a Torino.
Morti da veri eroi.

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